Sono passati quasi quindici anni dalla chiusura del programma Oil for Food: uno dei più controversi progetti umanitari attuati dall’Onu in Iraq, che ha lasciato dietro di sé risicati successi e un enorme giro di tangenti nel settore energetico globale.
Con il termine “Oil for Food” – petrolio in cambio di alimenti – si intende un programma umanitario, realizzato dall’Onu, tra il 1995 e il 2003. Promosso dall’allora Presidente statunitense Bill Clinton e dall’Onu stessa, il programma aveva l’obiettivo di limitare il disagio in cui versava la popolazione civile irachena, date le ingenti sanzioni economiche imposte all’Iraq di Saddam Hussein, con l’intento di ottenere la demilitarizzazione del Paese, durante la Prima guerra del golfo.
Cinque mesi dopo l’invasione del Kuwait, iniziata il 2 agosto 1990 da parte delle truppe irachene, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite decise di adottare la risoluzione 660, che identificava quest’azione come un crimine di aggressione, tant’è che lo stesso Consiglio intimava il ritiro delle truppe dal territorio invaso. Dopo il mancato rispetto di queste direttive da parte di Saddam Hussein, il Consiglio decise di adottare le risoluzioni 661 e 665, sottoponendo l’Iraq alla prosecuzione dell’embargo a causa del mancato rispetto delle misure di disarmo e costringendolo così ad accettare pesanti condizioni d’armistizio.
Nel 1995, quattro anni dopo l’embargo, l’Iraq si trovava in una profonda crisi economica e sociale. Il 14 aprile dello stesso anno, il Consiglio di sicurezza approvò la risoluzione 986, che fece nascere il programma Oil for Food, nel tentativo di calmierare la necessità di beni primari del Paese. Sebbene fosse già stato approvato, il programma mosse i primi passi solo nel dicembre dell’anno successivo, in seguito alla firma dell’Iraq di un MOU (Memorandum of Understanding).
Il Programma permetteva all’Iraq di esportare petrolio fino a un massimo di 2 miliardi di dollari semestralmente. Con il passare del tempo, il tetto massimo di queste esportazioni aumentò: con la risoluzione 1330 (5 dicembre 2000), venne stabilito che il 72% dei ricavi energetici fosse utilizzato per il programma umanitario, mentre il rimanente era ripartito tra UNCC il 25%, Nazioni Unite il 2,2% ed il restante 0,8% tra UNMOVIC e IAEA.
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Dal 1996, il tasso di malnutrizione si dimezzò nel centro e nel sud del Paese. Mentre, nei governatorati del nord, nei bambini sotto i cinque anni il tasso di malnutrizione ebbe una diminuzione maggiore.
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Tra il marzo 1997 e il marzo 2003, vennero spediti in Iraq alimenti per un valore di circa 13 miliardi di dollari e medicine per 2 miliardi di dollari. Grazie a questo programma, l’Onu cercò di migliorare le condizioni socio-economiche del Paese, tutelando i servizi pubblici e le infrastrutture. Dal punto di vista nutrizionale, tra il 1996 ed il 2002, le calorie giornaliere aumentarono da 1.200 a 2.200 per persona. Dal 1996, il tasso di malnutrizione si dimezzò nel centro e nel sud del Paese. Mentre, nei tre governatorati del nord, nei bambini sotto i cinque anni il tasso di malnutrizione registrò una diminuzione maggiore.
La fine del programma
Sebbene questo Programma umanitario avesse raggiunto importanti obiettivi, non mancarono gli illeciti compiuti dal personale delle stesse operazioni Onu e non. Sin dal 2000, il programma fu giudicato dai controlli interni alle Nazioni Unite come piuttosto vulnerabile; ma fu solo dopo l’invasione dell’Iraq nel 2003, che si ritenne di aver conseguito la prova dell’esistenza di uno schema illecito corruttivo, che coinvolgeva funzionari dell’ONU e membri del governo iracheno. Infatti, nel gennaio del 2004, il quotidiano iracheno Al-Mada pubblicò una lista dove si dimostrò che, sia privati sia organizzazioni internazionali, avevano ricevuto tangenti grazie al Programma Oil for Food.
Si parla di circa 2.000 società corrotte delle 4.500 che avevano avuto rapporti con l’Iraq all’interno del Programma. Questa lista è stata stilata grazie agli oltre 15mila documenti ufficiali della Iraq National Oil Company, controllata dal Ministero del petrolio.
In questi documenti si incontrano nomi importanti come George Galloway, parlamentare britannico e la sua fondazione Mariam Appeal, che aveva il compito di fornire medicinali, attrezzatura e personale medico in Iraq; Charles Pasqua, ex Ministro dell’interno francese; Natwar Singh; ex Ministro degli esteri indiano e l’ex Governatore della Lombardia Roberto Formigoni.
Troviamo, inoltre, importanti marchi automobilistici come Volvo, Chrysler e altre grandi società francesi (Bnp-Paribas e Total), svizzere (Vitol), russe (Lukoil, Zarubezhneft e Alfa-Eco), cinesi e malesi (Mastek).
Il giro delle tangenti
Il giro di tangenti si sviluppava attorno alle persone o società che avevano la possibilità di ottenere contratti d’appalto per la vendita di petrolio attraverso il programma Oil for Food. Questi contratti per la vendita di petrolio iracheno, una volta ottenuti, venivano rivenduti aggiungendo un sovrapprezzo tra 0,15 e 0,50 dollari al barile. Infine, il rivenditore dava una percentuale delle vendite al Governo di Saddam Hussein, libero di reinvestire questo denaro in armamenti e rifornimenti per l’esercito.
Nel 2005 ci furono alcuni arresti. Il più altisonante fu, senza dubbio, quello del reo confesso Alexander Yakovlev, ex funzionario dell’Onu. Yakovlev si sarebbe intascato oltre 1 milione di dollari attraverso la vendita dei contratti petroliferi del valore di quasi 80 milioni di dollari.
La stessa tecnica fu adottata da David Chalmers, petroliere texano proprietario della Bayoil. Nel 2008, dopo l’accusa di pagare tangenti e condurre affari illeciti col regime di Saddam Hussein servendosi di una società di facciata italiana (la Italtech) è stato sentenziato con una pena pari a due anni di reclusione.
Dopo questi primi arresti resi possibili grazie al lavoro di una Commissione dell’Onu dedicata, nel 2013 è iniziato il processo, a Parigi, sul programma Oil for Food. Dopo anni d’indagini, nel dicembre 2016, è arrivato il primo arresto da quando ha avuto inizio il processo: si tratta di Trevor Flugge, ex Presidente del comitato del grano australiano (AWB limited).
Paradossale il fatto che Flugge sia stato arrestato non per aver presieduto il comitato mentre quest’ultimo trattava oltre 230 milioni di dollari col regime di Saddam Hussein, bensì per negligenza nel non essersi accorto di ciò che stava avvenendo intorno a lui. Infatti, il giudice ha giustificato la sua sentenza affermando: “Il fatto che l’Onu stesse indagando anche sul AWB, doveva renderlo consapevole di ciò che stava accadendo al suo interno e mobilitarsi a riguardo”.
Oggi il processo continua e, piano piano, la verità sta venendo a galla. Sarà però necessario ancora del tempo prima che vengano svelate tutte le macchinazioni che ci sono state dietro il programma Oil for Food.
di Alberto Marcolli