Giovedì 1 febbraio 2018 l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), insieme a diversi partner attivi nel settore umanitario, ha annunciato una campagna di finanziamento per raccogliere ulteriori 157 milioni di dollari da destinare alle vittime delle violenze di Boko Haram, il gruppo terrorista, jihadista nato nel 2002 in Nigeria e che dal 2013 imperversa nel nordest del paese, ma anche in Camerun, Ciad e Niger.
Il Piano Regionale per i Rifugiati promosso annualmente dalla Nigeria coinvolge nelle operazioni anche 47 tra agenzie ONU e organizzazioni umanitarie e prevede di aiutare nel corso del 2018 circa 208.000 sfollati interni nigeriani e 75.000 rifugiati accolti tra Niger, Camerun e Ciad.
Dalla capitale del Niger, Niamey, l’Alto Commissario dell’UNHCR Kelly T. Clements, ha lanciato un accorato appello ai donatori: “La crisi di Boko Haram si è protratta troppo a lungo ed è tutt’altro che finita. Il mondo non può dimenticarsi delle vittime provocate da questo sanguinoso conflitto.”
Nella lingua haussa Boko Haram è la traduzione di una frase che ricorda come l’educazione occidentale sia un peccato. Nel 2002 la formazione era costituita da fanatici impegnati a protestare per diverse ragioni: l’allentamento dei costumi, l’esistenza di scuole occidentali, l’inefficienza della polizia nel contrastare i commercianti d’alcol, la corruzione.
Nel 2014 i militanti erano ben addestrati, ben equipaggiati e pronti ad agire su larga scala; segno che qualcuno aveva investito sul terrore (Raffaele Masto, La Matrioska Nigeriana, Africa Italiana,11/2017) oltre che dell’aumento, a partire dal 2012, delle pressioni provenienti dal jihadismo internazionale.
Temendo di rimanere vittime delle violenze di Boko Haram e degli attacchi dell’esercito nigeriano, circa un milione di persone ha abbandonato gli Stati del nord-est (Borno e Adamawa), per dirigersi a nord-ovest; a questi sfollati interni vanno aggiunti centinaia di migliaia di profughi provenienti da Camerun, Ciad, Niger, anch’essi finiti nel raggio d’azione del gruppo terrorista. La sicurezza alimentare di 7,2 milioni di persone intorno al lago Ciad è a rischio. (settembre 2017, UNHCR).
Di Daniel Rizzo