La situazione siriana è un inferno. Capire cosa sta succedendo è doveroso in quanto esseri umani e indispensabile per la comprensione di quei fenomeni che travalicano i confini naturali di quella terra. Per questo motivo la nostra Rivista seguirà più da vicino la guerra siriana, che in realtà sono tante guerre diverse e sovrapposte, in modo da fornire un quadro sempre aggiornato e il più chiaro possibile.
Mentre la Croce Rossa denuncia il peggior culmine di violenze dalla presa di Aleppo, molto sta cambiando nelle relazioni tra Turchia, Iran, Russia e Arabia Saudita.
I profondi sviluppi del conflitto, sempre più a favore del fronte governativo, e il disimpegno americano dallo scacchiere politico siriano, abilmente controbilanciato da Russia e Iran, hanno portato a una rimodulazione della posizione di molte potenze coinvolte, soprattutto quelle schierate con i ribelli. Ciò sta portando a importanti riavvicinamenti tra potenze regionali rivali.
Turchia e Russia
Tra queste la Turchia, che si è da tempo riavvicinata alla Russia ritagliandosi un ruolo di primo piano nel processo di Astana per tutelare i propri interessi. Risale al 28 settembre la visita di Putin a Erdogan nella capitale turca, dove i due leader hanno sancito una “profonda cooperazione” in Siria, discutendo sullo status del cantone curdo di Afrin, sul referendum per l’indipendenza del Kurdistan iracheno e sull’acquisto di missili S-400 russi da parte della Turchia. Tre giorni fa, Erdogan ha anche lanciato una nuova operazione a Idlib con il benestare di Putin e anzi con la promessa di supporto aereo russo contro HTS (ex Nusra). Putin ha anche annunciato misure per agevolare il commercio, come ad esempio l’eliminazione della maggior parte delle restrizioni russe sui prodotti agricoli turchi, con conseguente aumento del 58,7% delle importazioni nella prima metà del 2017.
Conferenza stampa di Putin ed Erdoğan dopo il loro incontro ad Ankara, 28/09/2017.
Arabia Saudita e Russia
Ciò che però ha segnato un significativo, e per certi versi inatteso, mutamento nelle relazioni tra potenze rivali in Siria è stata la visita del Re saudita Salman bin Abdulaziz Al Saud a Mosca, che alcuni analisti hanno definito “storica”: si tratta infatti della prima visita di Stato di un monarca saudita in Russia.
L’incontro ha fruttato importanti accordi economici e commerciali, in particolare in due settori: quello energetico, compresa l’energia nucleare (l’Arabia Saudita ha firmato un accordo con il monopolio russo Rosatom per sviluppare un programma nucleare a scopi civili), e quello delle armi, in particolare 3 miliardi di dollari per acquistare gli S-400, il più avanzato sistema missilistico anti-aereo russo. Ironicamente, è stato proprio il suo impiego in Siria ad averne provato l’efficacia e ad averne fatto schizzare le vendite dal 2016, assieme a numerosi altri armamenti russi.
Dal punto di vista geopolitico, questo riavvicinamento dimostra che l’Arabia Saudita è ormai consapevole che la sua politica estera di sostegno ai ribelli siriani, e in particolare alle fazioni salafite come Jaish al Islam, è fallita e che non solo è necessario accettare che Assad resti al potere ma, alla luce del declino della potenza americana nell’area e dell’ascesa regionale dell’Iran, occorre dialogare con Mosca. Infatti, nelle speranze saudite la cooperazione della Russia potrà aiutare a contenere l’espansione iraniana nell’area, magari facendo leva su alcune divergenze a lungo termine tra Russia e Iran. Re Salman ha infatti ha dichiarato, a colloquio con Putin, che l’Iran deve smetterla di interferire con gli affari interni nel Golfo e nel Medio Oriente. Il riferimento è all’espansione iraniana in Siria ma soprattutto in Yemen, scacchiere ormai prioritario per l’Arabia Saudita; non è un caso che Putin abbia abbassato i toni della condanna dell’intervento saudita in Yemen.
Turchia e Iran
Proprio negli stessi giorni in cui re Salman visitava Putin, Erdogan si recava in visita a Teheran, dove ha incontrato il leader supremo iraniano, l’Ayatollah Khamenei, e il presidente Rouhani. L’intento era trovare una linea comune per rispondere al referendum per l’indipendenza del Kurdistan iracheno che i due Paesi hanno interesse a scongiurare, non solo nei rispettivi territori ma anche in Siria. È stato rafforzato il controllo dei confini, dopo un’esercitazione militare congiunta tenutasi pochi giorni prima, ed è stato rinnovato l’impegno condiviso a combattere il terrorismo, sia dell’ISIS che del PKK, quest’ultimo condannato anche da Rouhani. Sono stati inoltre stretti accordi economici, commerciali – anche sull’utilizzo delle rispettive valute nazionali, nel tentativo di ridurre la dipendenza reciproca dal dollaro americano – e sul turismo.
Iran e Qatar
Anche il Qatar, un tempo tra i primi sostenitori dei ribelli siriani, dopo aver cominciato un riavvicinamento con la Russia già nel 2015, sta aprendo all’Iran. Il 3 ottobre, quasi in concomitanza degli incontri sopra citati, il Ministro degli Esteri iraniano Zarif ha effettuato la prima visita ufficiale in Qatar dall’inizio della crisi del Golfo, incontrando l’emiro qatariota Al Thani. Le discussioni hanno riguardato la necessità di incrementare la cooperazione economica nel lungo termine e tematiche quali la Siria, lo Yemen e la crisi nel Golfo. L’incontro è giunto circa un mese dopo la visita a Doha del Ministro degli Esteri russo Lavrov e dopo la firma di alcuni accordi economici tra Russia e Qatar.
Insomma, i risultati dell’intervento russo in Siria, che ha salvato il regime siriano ed eclissato il ruolo americano, sembrano non lasciare oggi altra scelta alle potenze regionali che dal 2011 sostengono il fronte ribelle a distendere le relazioni con le potenze rivali, anche se il motivo non risiede solo nell’evolversi del conflitto siriano. L’avanzata dei curdi, sostenuti dagli USA, e le loro mire indipendentiste, il conflitto in Yemen, la crisi del Golfo e l’isolamento del Qatar, i differenti interessi nella regione giocano un ruolo determinante nella ricomposizione delle relazioni internazionali nell’area.
In questo scenario di possibili riassetti geopolitici, però, il drammatico inasprirsi delle violenze in Siria sembra passare in secondo piano. Secondo un comunicato della Croce Rossa Internazionale, le violenze e le morti civili hanno raggiunto i peggiori livelli dalla sanguinosa presa di Aleppo est nel dicembre scorso.
Nonostante, e anzi subito dopo, gli ultimi accordi di Astana sulle zone di de-conflitto e cessate il fuoco, sia il fronte governativo che l’aviazione russa hanno lanciato massicce offensive attorno a Damasco, Hama e ad Idlib, dove sono stati distrutti o danneggiati numerosi ospedali a causa di raid aerei spesso indiscriminati, come ne stanno avvenendo anche a Raqqa, ad opera della Coalizione a guida USA, e Deir ez Zor.
di Samantha Falciatori