Cercheremo qui di capire brevemente le anomalie termiche globali, il livello di emissioni di anidride carbonica (CO2), e le prospettive future, per dare una panoramica rapida sullo stato di salute del clima terrestre.
In questa breve panoramica sullo stato di salute del clima terrestre utilizzeremo le misurazioni ufficiali dell’agenzia meteorologica americana NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) che detiene un vasto archivio di dati meteorologici a livello globale da fine ‘800 ad oggi.
Anomalie termiche globali
Il seguente grafico mostra le anomalie di temperatura media annua a livello planetario dal 1880 ad oggi. Il rosso indica un anno la cui media di temperatura è stata più elevata di quello che avrebbe dovuto essere (a seconda dell’altezza) ed il blu, viceversa, gli anni “più freddi” rispetto alla norma.
Si rileva chiaramente il progredire del riscaldamento terrestre, che, oltretutto, sembra progressivo. Dalla fine degli Anni ’70 la temperatura media terrestre è aumentata costantemente e con essa le anomalie corrispondenti, che dal 1978 sono state solo positive (cioè più calde). Gli ultimi 3 anni invece sono stati i più caldi di tutta l’intera serie storica (dal 1880 ad oggi). Un’ulteriore conferma dell’aumento delle temperature ci viene data dalla classifica dei primi 10 anni più caldi mai registrati che, con le rispettive anomalie termiche, sono riportati qui di seguito. Praticamente tutti, eccetto il 1998, sono stati registrati negli anni 2000.
2016: +0.94°C
2015: +0.90°C
2014: +0.74°C
2010: +0.70°C
2013: +0.67°C
2005: +0.66°C
2009: +0.64°C
1998: +0.63°C
2012: +0.62°C
2003: +0.61°C
Il 2016 è stato l’anno più caldo in assoluto da quando si ha la disponibilità dei dati ufficiali, e per trovare anomalie simili si deve tornare in epoca medievale. Se poi si escludono le temperature degli oceani, si scopre che l’anomalia del 2016 non è stata “solo” di +0.94°C ma di ben +1.44°C. Appena al di sotto della soglia preventiva stipulata nel 2015 dalla COP21.
Le zone del pianeta in cui tali anomalie risultano più evidenti sono quelle dell’emisfero nord (boreale), soprattutto nelle vicinanze delle regioni polari e subpolari. Il dato appare chiaro nella seguente immagine, che ritrae le anomalie di temperatura nel 2016 rispetto al trentennio 1981-2010. Le zone rosse/rosate corrispondono alle anomalie positive registrate e si trovano proprio in corrispondenza delle aree settentrionali del globo (Canada, Alaska, Russia, Siberia) mentre le poche aree azzurre sono le uniche che nel 2016 hanno registrato valori termici inferiori alla norma. La media delle anomalie delle zone rosse e di quelle azzurre dà come risultato l’ultima colonnina del grafico in figura 2: l’anomalia positiva più ampia dell’ultimo secolo e mezzo.
La più elevata temperatura delle aree polari è quella che comporta i maggiori problemi: i ghiacci artici e antartici stanno infatti subendo delle importanti riduzioni non tanto di estensione superficiale, quanto della ben più importante estensione volumetrica, cioè lo spessore delle calotte polari. Geograficamente più vicina a noi è poi l’evidente sofferenza dei grandi ghiacciai, in questo caso alpini, che devono affrontare estati più lunghe e calde, con precipitazioni nevose sempre più scarse. Qui trovate alcuni dati relativi ai ghiacciai valdostani.
I dati sul clima, confermati anche dalla NASA, sono chiari. Si può affermare con certezza e preoccupazione che la febbre del nostro pianeta sta salendo, e sta salendo in maniera significativa visto il trend intrapreso nell’ultimo ventennio. Il riscaldamento globale esiste.
Concentrazioni di anidride carbonica in atmosfera
L’anidride carbonica (CO2) è un gas indispensabile per la vita sulla Terra. Si tratta infatti di un gas serra che riesce a trattenere all’interno dell’involucro atmosferico una parte delle radiazioni infrarosse (IR) provenienti dal sole e riflesse, a loro volta, dalla superficie terrestre nuovamente verso lo Spazio. Il fenomeno dell’effetto serra viene spesso visto erroneamente come un aspetto negativo per la vita sulla Terra: niente di più sbagliato. Senza di esso la temperatura media globale sarebbe infatti inferiore ai -15°C anziché raggiungere gli attuali +14.5°C. L’effetto serra è quindi un importantissimo termo-regolatore naturale del nostro pianeta.
Chiaramente il problema si pone se la concentrazione di gas diventa eccessiva. Una maggiore concentrazione di CO2 fa infatti aumentare anche la percentuale di radiazioni IR trattenute nell’atmosfera, determinando un minor scambio termico tra Terra e Spazio, finendo così per amplificare il riscaldamento atmosferico. La concentrazione di anidride carbonica nell’aria in epoca industriale è aumentata in maniera spropositata, raggiungendo livelli mai visti in migliaia di anni. Nel seguente grafico della NASA viene illustrato l’andamento della concentrazione di CO2 in atmosfera nel corso degli ultimi millenni, evidente il picco verticale finale che corrisponde ai giorni nostri.
In oltre 400 mila anni non è mai stata superata la soglia delle 300 parti per milione (ppm) di anidride carbonica, mentre recentemente è stata invece raggiunta la quota di 400 ppm. Come per le anomalie di temperatura anche la concentrazione maggiore di anidride carbonica finisce per concentrarsi nell’emisfero settentrionale del globo.
È evidente: la CO2 serve, ma nelle giuste quantità. Quella che emettiamo oggi (dalle fabbriche, dai riscaldamenti domestici, dalle automobili) è di gran lunga superiore al naturale “fabbisogno terrestre”.
Quali prospettive?
Durante le diverse ere geologiche del passato, che si rifanno a scale temporali secolari o millenarie, il clima della Terra ha subito varie oscillazioni (cicli climatici) alternando periodi più freddi come le ere glaciali, a periodi più caldi, come nel Medioevo. La ciclicità climatica è dunque un fattore naturale da tenere in considerazione e dipende da parametri sia endogeni che esogeni al pianeta Terra. L’attività vulcanica o le correnti marine possono essere considerati fattori endogeni, mentre i cicli solari un fattore esogeno. È solo in epoca contemporanea però che si è aggiunta l’attività umana che genera l’emissione in atmosfera dei prodotti di combustione dell’industria, prima tra tutti, appunto, l’anidride carbonica, e di altri gas nocivi sia all’uomo che all’ambiente, come gli ossidi di zolfo e azoto.
La domanda da porsi quindi è: quanto l’attività umana influisce sul riscaldamento globale? O meglio ancora: il riscaldamento in atto è dovuto maggiormente a fattori legati al ciclo naturale climatico terrestre, o è solo ed esclusivamente derivato dall’attività umana?
Il cambiamento climatico ha indubbiamente subito un processo di accelerazione raggiungendo una velocità senza precedenti. Tale rapidità non può essere attribuita al lento effetto dei naturali cicli climatici terrestri, ma è catalizzato dalle emissioni inquinanti causate dall’uomo. Ancora dubbi sulla nostra colpevolezza? Le ere climatiche ed i loro cambiamenti globali in passato si sono svolti in periodi temporali estremamente lunghi, gli effetti si notavano nell’arco dei secoli. Oggi abbiamo invece raggiunto livelli di temperatura mai visti prima ed i loro effetti si stanno presentando in rapida successione: è senza dubbio un cambiamento troppo veloce per essere di origine esclusivamente geologica.
Seguendo l’andamento delle anomalie di temperatura globale negli ultimi 2 mila anni, si possono vedere le andature cicliche regolari che coprono periodi secolari, come ad esempio il riscaldamento in epoca medievale culminato attorno all’anno 1100 d.C, ed il successivo raffreddamento che ha dato vita alla cosiddetta PEG (Piccola Era Glaciale). Ma il picco più elevato, ancora una volta, è nell’epoca contemporanea.
Quanto potrà ancora salire la temperatura? E con quale velocità? Qui entrano in gioco le analisi e le simulazioni effettuate da NASA e NOAA mediante speciali algoritmi e software informatici di simulazione. Nel grafico successivo sono rappresentate varie previsioni di anomalia termica a seconda della quantità di emissioni. La più pessimistica è quella in rosso, nella quale, a fronte di una continua emissione non controllata di CO2 nell’atmosfera, la temperatura media sulla Terra nel prossimo secolo salirebbe di oltre 4 gradi rispetto agli già elevati valori odierni: un vero disastro considerando che i trattati internazionali tentano di limitare il riscaldamento alla soglia – già elevata – dei 2°C.
Oggi si sta facendo molto a livello industriale per cercare di abbattere il più possibile le emissioni di gas serra in atmosfera: vengono studiate tecnologie “green” atte alla riduzione degli ossidi tossici provenienti dai fumi di scarico delle auto, oppure si tentano procedure per la cattura e lo stoccaggio della CO2. Nonostante tali sforzi però, le fonti di energia a livello mondiale ruotano ancora in gran parte attorno ai combustibili fossili (petrolio, carbone e gas naturale) e le emissioni inquinanti continuano e continueranno ad essere un problema non trascurabile, al di là della ciclicità climatica.
Ma è già stato varcato il punto di non ritorno? Parzialmente sì, purtroppo è già stato fatto un grande danno, ed in un ipotetico mondo futuro totalmente green occorrerebbero comunque decenni prima di resettare l’anomalia attuale: la CO2 ha un lungo periodo di assorbimento e quindi di permanenza nell’atmosfera. È questa una buona motivazione per non agire? Assolutamente no, non è troppo tardi per fermare questo trend prima che provochi sconvolgimenti naturali e geopolitici irrimediabili.
[toggle title=”Una divertente rappresentazione del mutamento climatico dal sito xkcd.com”]
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Questi anni sono quelli cruciali: o si riuscirà a contenere e successivamente ridurre il riscaldamento globale (riducendo le emissioni, riciclando, utilizzando energie pulite) o ci incammineremo verso il punto di “non ritorno”, che è più vicino di quanto si possa pensare. Saranno questa e le immediate prossime generazioni di politici, di società civile e di imprenditori a sancire se avremo salvato il nostro unico Pianeta o se semplicemente saremo rimasti a guardare.
di Enrico Giunta e Daniele Gori